RI-PENSARE IL NOSTRO FUTURO

È trascorso quasi un mese dall’annuncio di Giuseppe Conte della chiusura delle prime attività e delle prime grandi restrizioni, dopo la sospensione dell’attività didattica nelle Scuole annunciata a fine Febbraio.
Durante questo mese l’Italia ha contato moltissime vite. Ad oggi sono oltre 17.000 le vittime in Italia da Coronavirus. Tante persone innocenti, tante famiglie distrutte da un virus che ancora non siamo riusciti a combattere perché ancora non esiste il vaccino in grado di sconfiggerlo e di salvare le vite umane. In questo mese il Governo Conte ha incentrato legittimamente tutte le misure per gestire l’emergenza, che è risultata critica soprattutto per la velocità di propagazione del virus rispetto ai tempi “umani” necessari per attrezzarsi. Innanzitutto si è intervenuti sulla sanità. Nelle regioni critiche (del Nord Italia) sono stati inviati medici ed infermieri e ci si è attrezzati, attraverso la nomina di un Commissario Straordinario, Domenico Arcuri, per reperire le attrezzature ed i dispositivi di protezione individuali utili per il personale medico-sanitario. Nel mezzo di una “guerra” commerciale mondiale per accaparrarsi questi dispositivi, si è riusciti da un lato a stringere accordi direttamente con alcuni Paesi produttori per importare direttamente i prodotti in Italia e dall’altro lato si è incentivata la produzione nazionale di questi dispositivi, attraverso finanziamenti erogati alle imprese per riconvertire le proprie aziende a questa finalità. Dopo 3 settimane dalla nomina di Arcuri, l’emergenza prodotti e materiali è in via di superamento. Utile su questo il software predisposto da Invitalia e Protezione Civile, ADA (analisi distribuzione aiuti), che consente a tutti gli italiani di vedere quotidianamente il numero di prodotti e dispositivi forniti alle Regioni per il personale sanitario. E poi si è intervenuti sul sistema economico-produttivo e sui lavoratori. Con il Decreto n.18 del 17 Marzo “Cura Italia” e con il Decreto “liquidità” del 6 Aprile, il Governo ha elargito ingenti risorse per dare liquidità alle imprese, per sospendere i versamenti delle stesse verso la PA, per aumentare il fondo per la cassa integrazione straordinaria, per sostenere con un incentivo gli autonomi e gli enti locali sul versante sociale con risorse destinate all’acquisto di buoni pasti per i più bisognosi.

In questi giorni, il dibattito pubblico è incentrato sulla cosiddetta fase 2. Ovvero su come provare di ripartire convivendo con il virus ancora non sconfitto. La priorità sarà quella di ripartire da alcune attività produttive, per poi lentamente e progressivamente estendere le aperture e la circolazione altre alle attività produttive (quelle che rischiano di creare affollamenti) e alle persone. Ma la necessità sarà anche quella di riorganizzare il sistema sanitario e l’organizzazione del lavoro nelle imprese rispetto a come la nostra generazione ha vissuto ante-coronavirus. Tante le domande che ci poniamo: quando potrò riprendere la mia vita normale? Quale sarà il destino di molti lavoratori? Come si comporterà l’Europa in questa crisi che ha attraversato i principali Paesi fondatori dell’UE? Quali saranno gli effetti sociali di questa pandemia? Già dai prossimi giorni vedremo le risposte dei Governo rispetto le azioni che attraverseranno la fase 2 del contagio, ovvero quella della convivenza fra una lenta ripresa delle attività ed il rischio di diffusione di un virus non ancora sconfitto.

Ma ci sarà anche una fase 3 quella del rilancio del nostro Paese e della Nostra Europa, quella che riguarda il nostro futuro. È evidente a tutti che il mondo non sarà più come prima. La domanda di beni e servizi delle persone cambierà e con essa cambieranno le aspettative. Potrebbe esserci un periodo anche lungo in cui l’angoscia e la paura attraverseranno gli stati d’animo di molti. Questo potrebbe produrre un cambiamento significativo del mondo economico, nel mondo politico e nella società. Gli effetti ora sono difficili da prevedere ma è assolutamente fondamentale partire da ora a riflettere sul tipo di società che vogliamo perseguire, prima che siano altri a farlo o ad imporlo. Su questo tema tante sono le riflessioni di sociologi, economisti e politologi che in queste settimane si stanno interrogando. Questo periodo rimarrà nella storia e questa fase, quella che ci attende nei prossimi mesi, sarà cruciale per determinarne l’esito. Di certo non possiamo limitarci a ripristinare semplicemente il modello economico di ieri, accontentandoci di migliorare in modo marginale il nostro sistema sanitario o correggendo alcune distorsioni dell’economia capitalista. È ormai chiaro che l’emergenza Covid-19 abbia mostrato con ancora più forza la crisi del ruolo dello Stato e dello Stato sociale. Fra i pensatori ho trovato molto interessante l’opinione di Mauro Magatti, sociologo-economista e professore all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nel suo articolo del Corriere della Sera del 8 Aprile suggerisce tre linee di lavoro: 1. Avere Istituzioni coese ben funzionanti in grado di dispensare quel senso di appartenenza e protezione di cui tutti sentiamo bisogno; 2. identificare obiettivi comuni; 3. Sbloccare e rimotivare le persone soprattutto gli under 40

Nell’articolo che potrete leggere interamente troverete una spiegazione delle tre linee di lavoro.Sicuramente penso che sia giunta l’ora di accantonare quella sorta di mania di protagonismo che attraversa tanti individui e che non consente di mettere insieme le energie migliori e le idee migliori semplicemente perché dette da qualcuno o appartenere a qualcuno. Questo vale per l’Italia e ancora più per i destini dell’Europa. I diversi livelli istituzionali dovrebbero, oggi più che mai, essere chiamati a collaborare, a confrontarsi e a decidere linee comuni pur nelle diversità culturali, politiche ed economiche.  In un rinnovato ruolo dello Stato, diverso da quello che abbiamo vissuto, possiamo davvero auspicare che possano essere identificati degli obiettivi verso i quali tutto il popolo italiano possa sentirsi chiamato a riconoscere e a perseguire. La sfiducia nei confronti della politica ha toccato livelli troppo alti in questi anni e forse è giunto il momento di costruire insieme una visione chiara verso la quale tendere per i prossimi anni: su quali settori vogliamo puntare, su quali politiche pubbliche perseguire per tutelare la salute e la sicurezza di tutti, su quali energie investire, su come rendere più smart chiaro e fiduciario il rapporto fra cittadini e istituzioni e fra istituzioni e mondo economico. E infine ascoltare per davvero quelle giovani generazioni il cui futuro dipende si da loro ma anche dalla nostra capacità di lasciare spazio, di supportare e di rischiare.

Oggi siamo presi dall’emergenza e dal contenimento del Covid-19 ma non dimentichiamoci che il futuro dipenderà molto dalle riflessioni, dall’analisi che ne trarremo da questo “shock” creato da un terribile virus e dalle risposte che forniremo.

Pieve di Cento (BO)